Il serpente,
nell’antichità, è stato associato a più d’una divinità, per i romani è
stato, anche, il Tempo. Nelle pitture pompeiane, Iside
(la Luna, probabilmente,
per l’egizia civiltà, oppure la costellazione della Vergine, chi lo sa?) poggia il piede nudo sul serpente in quanto regina
delle forze ctonie. La Madonna viene raffigurata allo stesso modo. Quando
Alessandro Magno conquista l’Egitto, il culto di Iside si diffonde in tutto il
mediterraneo, diventando la dea dai mille nomi che racchiude tutte le altre
dee, come narra Apuleio. I romani coniano monete con l’effigie di Iside già nel
90 a.C. A Roma, dal politeismo si passa prima al culto di Iside, poi a quello
del Sol Invictus,
quindi al cristianesimo. Iside in trono con la mammella nuda che allatta suo figlio Horus (il Sole?) viene trasformata
nell’iconografia cattolica della Madonna col bambino.
Iside che piange Osiride (Orione?) tenendolo in
grembo ispirerà invece le varie Pietà. Iside (bianca e nera), ispira l’iconologia
mariana che la mostra spesso su una nave. La nave che a volte è a forma di
falce lunare (ad esempio, a Notre Dame de Paris). Nel 1865, prudentemente, dai
capitelli della chiesa di S.Maria in Trastevere Pio IX fece rimuovere le figure
di divinità egizie.
NAVE
VERGINE
La cerimonia del culto di Iside, dea madre suprema e
universale, regina benigna, misericordiosa e ausiliatrice, divinità dai mille
nomi (Minerva, Venere, Afrodite, Diana,
Atena, Maia, Kore, Temi, Artemide, Astarte, Proserpina, Cerere, Ecate), è
raccontata dal libico Apuleio nell’XI libro dell’Asino d’oro. Nella cerimonia, i suoi sacerdoti
“dedicano al mare ormai navigabile una nave vergine” e le offrono le primizie
della navigazione.
NAVIGIUM ISIDI - CARRUS NAVALIS
La festa del Navigium Isidis seguiva
il calendario lunare babilonese: coincideva con la luna piena che segue l’equinozio di primavera; corrisponde al capodanno babilonese; e alla nostraPasqua (anche questa variabile di anno in anno come la festa del Navigium Isidis).
Nella festa di capodanno, i babilonesi sacrificavano un agnello, come noi a
Pasqua. L’Imperatore Gaius Iulius Caesar
Augustus Germanicus (12-41 dell’era cristiana), soprannominato “Caligola”,
era un devoto fedele della “Dea Isis” e grazie alle descrizioni di Apuleius
possiamo riconoscere con elevata probabilità delle celebrazioni isiache nelle
grandi feste orgiastiche che si tenevano nella maestosa nave-palazzo
dell’Imperatore, presso il lago di Nemi. Perché, però, la denominazione di
Navigium Isidis? La risposta è quanto mai interessante: la Dea Isis era infatti
anche una divinità posta a protezione dei naviganti e del mare in generale e la
sua “barca” rappresentava l’imbarcazione lunare, notturna e psicopompa, sulla
quale erano traghettate le anime dei defunti verso la Duat, l’oltretomba
stellato, alla cui guardia era posto il Dio cinocefalo Anubis. I domini di Isis
quale protettrice dei naviganti e Signora del Mare furono, successivamente,
acquisiti dalla Vergine Maria il cui figlio, il Cristo, s’impossessò anche
delle sfere d’influenza di Horus, il Dio Falco egizio nato dall’unione di Osiride e Isis. Nella religione romana, la barca isiaca era collocata su di un carro
trainato da uomini mascherati, le cui fattezze richiamavano esseri ctonii
appartenenti al mondo dei morti e al dominio dell’aldilà. Nel mondo egizio, la
caratterizzazione originaria di queste creature era spaventosa e inquietante
ma, nel mondo romano, venne arricchita con un dettaglio sconosciuto al rito
originario: l’ilarità, la burla, lo scherno. Sovente erano infatti ritratti,
con fattezze grottesche e goffe, i personaggi di maggior spicco dell’epoca
quali senatori, politici, generali e perfino gli Imperatori, nella più pura
concezione dello spirito sarcastico e denigratorio romano ai danni dei potenti
(peculiarità che, nonostante i millenni trascorsi, ancora qualifica i romani
odierni!): alle celebrazioni del “Carrus Navalis” era ammesso chiunque, dal più
infimo schiavo sino alla famiglia imperiale, e lunghe processioni, accompagnate
da musica, mimi, acrobati, danzatori e musici, si snodavano lungo le vie
cittadine. Le matrone, solitamente legate a rigidissimi codici comportamentali
concernenti la vita pubblica, potevano concedersi ampie libertà in fatto di
abbigliamento e atteggiamenti, risparmiandosi le violente critiche alle quali
sarebbero state sottoposte in giorni “ordinari”, partecipando alle libagioni e
vestendo abiti ben più succinti dei canonici pepli. Il popolo, parimenti, usava
camuffarsi e mascherarsi gravitando attorno al grande carro navale il quale
custodiva uno scrigno chiuso ermeticamente, simboleggiante sia il cosmico uovo
protogonico latore di nuova vita che la morte stessa, insondabile e
inscindibilmente legata alla forza rigeneratrice dell’Universo. Nel mondo
romano le maschere, come da tradizione, rappresentavano gli spiriti degli
antenati i quali potevano, in virtù del sovvertimento delle leggi cosmogoniche
e metafisiche, visitare il mondo terreno e transitarvi per qualche tempo:
riconoscendo se stessi attraverso le maschere, avrebbero potuto “possedere” il
corpo di colui che le indossava e parlare, proferendo vaticini e profezie
(durante questi giorni fattucchiere, indovine e ciarlatani guadagnavano somme
ingenti, appostati presso le edicole e gli incroci delle strade e le autorità,
seppur controvoglia, tolleravano la loro presenza).
LA MASCHERA
Il corteo solenne è preceduto da gruppi di uomini travestiti.
Quando gli uomini travestiti avranno esaudito il loro voto, si toglieranno il
travestimento per indossare la veste bianca dell’aspirante all’iniziazione. La
maschera è il destino; il destino si compie alla morte; indossare la maschera è
indossare la propria morte. Morte dell’io, nascita del Sé.
Vuoi
sapere dove è scritto? Sul web, naturalmente, chiunque lo potrà accertare, personalmente.
La mia semplice chiave di ricerca è la seguente, ma potrai cambiarla,
serena-mente:
"Navigium Isidi carrus
navalis dea Iside 40 giorni festa"
Ci tengo a precisare che ciò che hai appena letto,
potrebbe non essere la verità,
anche perché, qua e là,
ho apportato qualche piccola modifica,
secondo la personale sensibilità ...
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