… “Sembra di vederla, la scenetta
descritta nel primo libro della bibbia, il ‘Libro della genesi‘. Si tratta
di una parabola, lo sappiamo: non è la cronaca di un episodio, ma una
narrazione che vuole insegnare valori e comportamenti. Vi
si dice dunque che il primo peccato dell’umanità – una disobbedienza ad un
ordine ricevuto da d-io – s’era appena verificato e che i due responsabili, l’uomo e
la donna, vergognandosi per quello che era successo, tentano di nascondersi
allo sguardo del creatore che li vuole incontrare. La scena
richiama alla memoria un processo, dove
all’accusato viene ricordata la sua responsabilità, la sua colpa,
e
gli viene chiesto di giustificarsi. Dio dunque chiede ad Adamo: ‘Non ti avevo detto di non mangiare quel
frutto? Non ti avevo forse dato un ordine preciso? Perché non l’hai osservato?‘
E Adamo non trova niente di meglio da fare che stendere il dito accusatore
verso la sua compagna e dire a Dio: ‘È
stata lei, è colpa sua‘. Anzi, nella sua risposta, Adamo, insinua che un
po‘ di colpa ce l’ha anche lo stesso Dio, che gli ha messo accanto quella
creatura; un po‘ come dire: ‘Se Tu la
donna non avessi creato … io non sarei stato tentato!‘ Questo atteggiamento
sconsiderato è stato giustamente chiamato ‘complesso di Adamo‘. Esso consiste,
come s’intuisce, nello scaricare su altri la responsabilità delle proprie
azioni. Pratica utilizzata fin dagli albori dell’umanità, cambiano solo le
modalità, dovute alle diverse culture ed alle situazioni personali, viene data
la colpa ad un destino avverso … poiché è difficile ammettere la propria
responsabilità, dire: ‘è colpa mia!‘, con semplicità. Lo scaricare la colpa su altri
è il segno evidente che non si è ancora raggiunta
la maturità.‘